Dilettanti e “professionisti” ai Campionati italiani assoluti?

In teoria, i Campionati nazionali assoluti di pugilato in qualsiasi parte del mondo dovrebbero sancire la consacrazione dei migliori atleti del Paese e su tale principio “non ci piove”. Però non è che tra “teoria” e “pratica” le cose procedano sempre perfettamente in sintonia; la prima è infatti un insieme di norme e di princìpi astratti, mentre la seconda è connessa all’effettuazione di un’azione concreta.
Ai tempi dell’URSS e della “cortina di ferro” (e in seguito con l’avvento della Cuba castrista), tutti noi appassionati di pugilato ricordiamo ancora perfettamente con quanta preoccupazione attendevamo i sorteggi alle Olimpiadi e ai Campionati europei a causa dell’incombente rischio che i nostri azzurri, allora di età solitamente compresa tra i 20 e 25 anni al massimo, potessero imbattersi in rivali molto più “grandi” e con un quantità di match e d’esperienze che essi neppure si sognavano.
Era l’epoca dei famosi “professionisti di Stato”; atleti di tutte le discipline che, praticando lo sport in Stati dove il professionismo era vietato, venivano solitamente inquadrati come ufficiali e sottufficiali nell’esercito per assicurare loro uno stipendio sicuro e altri privilegi in cambio di un impegno a tempo pieno e di alto livello.
Noi ritenevamo, nessuno l’ha dimenticato, tale fatto non equo rispetto ai giovani azzurri che, con qualche decina di incontri sostenuti e dilettanti a tutti gli effetti erano spesso “chiusi”, al pari dei colleghi occidentali, da avversari che godevano di ogni vantaggio.
Ma la logica dei tempi e l’obiettivo dei Paesi dell’Est di prevalere anche in campo sportivo sugli occidentali, in piena “guerra fredda”, era più forte di qualsiasi altra considerazione e si era obbligati ad accettare ciò che a tutti pareva manifestamente ingiusto.
Negli ultimi lustri, in Italia si è riproposto qualcosa che ricorda molto da vicino tale situazione. A ciò hanno contribuito la profonda crisi del professionismo, la necessità di conquistare comunque medaglie da portare in dote al CONI per accedere a più consistenti contributi economici, l’umana aspirazione dei ragazzi in canottiera di costruirsi un futuro contando sui pingui introiti del dilettantismo più che su quelli magrissimi del professionismo, ecc. I grandi successi conquistati da Cammarelle, Russo, Valentino, Picardi e altri ancora, dei quali saremo loro grati per sempre, sono stai pagati però a prezzo molto alto dal pugilato italiano e non senza conseguenze. Per prima cosa, il professionismo ha perso l’opportunità di vedersi rivitalizzato, rigenerato, esaltato da questi campioni che hanno scelto per ovvio e legittimo vantaggio personale di restare in canottiera, confortati dagli stipendi dello Stato, da quelli della Fpi, dai contributi del CONI ai P.O e dai premi di gara; per seconda cosa, in virtù della superiorità già di per se stessa naturale rispetto agli altri dilettanti italiani, i nostri campioni hanno potuto usufruire dei benefici derivati da un impegno a “tempo pieno” e da una struttura tecnica-logistica-medica-economica, ecc. che un pugile “normale” neanche si sogna. Si è creato perciò una specie di corto circuito tra dilettantismo e professionismo, ponendo il primo in netto vantaggio sul secondo, almeno a livello di élite (non si può infatti dimenticare che centinaia di ragazzi combattono invece avanti e indietro per l’Italia, sottoponendosi a fatiche e disagi indicibili, a fronte di 50/100 euro tutto compreso!), per cui i giornali e le televisioni che nel campione professionista hanno il proprio riferimento, hanno fatto quasi scomparire la boxe dalle proprie pagine e dai palinsesti; inoltre, si è di fatto creato un “tappo” che ha sbarrato la strada alle nuove leve in canottiera, impossibilitate a cimentarsi con qualche speranza di successo con rivali fortissimi e per di più avvantaggiati in tutto, talvolta persino da qualche sudditanza psicologica delle giurie di cui non avrebbero per altro affatto bisogno. In un certo senso, a sintetizzare il problema è sufficiente pensare che nel 2011, ad esempio, consultando il Bilancio del CONI si vede che circa il 50% delle erogazioni alla Fpi è stato riservato ai probabili olimpici e all’attività di livello e solo il 10% scarso all’attività sportiva generale. Inutile commentare…
Questo lungo preambolo per dire che, se fosse vera, suona “stonata” la voce secondo la quale i nostri campionissimi parteciperebbero ai prossimi Assoluti di Roma, dopo essersene astenuti per qualche anno. Se accadesse questo, i ragazzi dilettanti “veri” e che forse per la prima e unica volta nella vita potrebbero accarezzare il sogno di emergere (nello sport, ciò che si perde oggi non è detto che lo si ritrovi domani…), si vedrebbero stoppati ancora una volta. Gli eventuali confronti tra atleti reduci da numerosi trionfi ai vertici mondiali, sul ring da lunghi anni, con centinaia di match sostenuti e studenti, operai o disoccupati (purtroppo) che strappano con i denti gli spazi per andare in palestra quando e come possono, sarebbero stridenti…Sono convinto che l’incolumità dei “normali” non verrebbe messa a repentaglio, dal momento che gli azzurri sono ragazzi intelligenti, responsabili e sensibili e saprebbero come comportarsi, ma per chi sogna di farsi strada sul ring neppure l’idea di fungere da “topino” dinanzi ad un gatto che gioca è alettante. Anzi. Per che si sente pugile “dentro” tale prospettiva è quasi peggiore di un ko, perché più umiliante…
Ciò detto, spero che agli Assoluti di Roma si giochino le medaglie tricolori solo i dilettanti-dilettanti, quelli su cui dovrà essere costruito il futuro. In caso contrario si perderebbe una bella occasione di lasciare un po’ di sole anche a chi vive sempre nella penombra e si porrebbe una pietra tombale anche sulle voci che interpreterebbero il ritorno ai Campionati dell’élite azzurra persino in chiave elettorale…
Gualtiero Becchetti

2 thoughts on “Dilettanti e “professionisti” ai Campionati italiani assoluti?

  1. hai perfettamente ragione nelle categorie interessate dai vari cammarelle picardi ,valentino ,russo,mangiacapre,parriniello i MAESTRI !!!!!!!……
    dovrebbero ritirare i propi atleti.
    voglio vedeetre poi come fanno a fare il cosidetto CAMPIONATO ITALIANO DILETTANTI, che di dilettante ha solo il nome
    un saluto
    CAIONI LUCIANO

    • Ciao, caro maestro! Hai notato che io ho usato sempre il condizionale nell’articolo? Sai perchè? Perché non credevo che i nostri n° 1 (eccetto Russo, che ora è nelle Fiamme Azzurre) sarebbero stati davvero iscritti. A parte tutte le incontestabili questioni tecniche e morali, pensavo che avrebbe vinto almeno il buon gusto e voglio sperare che ciò possa ancora accadere. Ma certo la scivolata è stato proprio grande e se non verrà fatta una rapida marcia indietro, la boxe dilettantistica italiana perderà un altro anno sulla strada del rinnovamento. E per che cosa? Per una manciata di voti in più alle elezioni del 19 Gennaio? Che tristezza…

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